La figura del restauratore del mobile con le sue ricette
- TRESHTAURO
- 14 dic 2018
- Tempo di lettura: 4 min
Aggiornamento: 19 dic 2018
Paganotto Valentina Liliana

Se trovate che il mondo antico abbia ancora tanto da dirci e siete in preda ad un’autentica Sindrome di Stendhal quando vi trovate davanti ad un affresco o ad un dipinto di straordinaria bellezza, allora dovreste prendere in considerazione l’ipotesi di intraprendere la carriera da Restauratore. Il restauratore di beni culturali matura un rapporto privilegiato con le opere d’arte, ragione per cui deve amare moltissimo la materia del suo lavoro. Oltre a questo, servirà anche una precisa preparazione per riuscire ad arrivare a lavorare ad alti livelli.

Quella di Restauratore è una professione affascinante che ha finalmente un percorso formativo chiaro che attraversa Università, Scuole professionali e Istituti di eccellenza. La formazione dei restauratori ha attraversato anni difficili, contraddistinti da mancata chiarezza e percorsi fuorvianti: attualmente, alla luce delle nuove direttive emanate dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali, esistono diverse opportunità formative. La professionalità nel campo del restauro è attestata da titoli riconosciuti dalla Legge che attestano le competenze acquisite e mettono nelle condizioni di operare sui beni da restaurare. Queste qualifiche sono essenzialmente due: Il restauratore di beni culturali e il Tecnico del Restauro di beni culturali.

Ma in passato non c’erano queste figure professionali, perché era più conosciuto il restauro dei mobili, specialmente nella bassa veronese e nella bassa padovana, e tali lavori erano di solito affidati a quei falegnami che erano capaci di costruirli; qualche volta però se ne occupavano anche falegnami poco esperti, o altri lavoratori del legno, come carpentieri che non sono in grado di eseguire buoni restauri. Il falegname incaricato del restauro operava con le tecniche costruttive del suo tempo, ignorando completamente quelle del passato; talvolta lo stesso committente gli chiedeva di apportare modifiche sul mobile per utilizzi o collocazioni diverse da quelle originali. In nessun caso era garantito un intervento scientifico e che tutelasse l’integrità del manufatto. In tempi più vicini a noi, i restauratori provenivano da vecchie famiglie di falegnami e si formavano nella bottega paterna; qualcuno entrava nel campo del restauro del mobile per altri motivi, anche occasionali: pochissimi per vera passione e con specifica preparazione. Nella maggior parte dei casi, dunque, non si trattava di veri restauratori, ma di falegnami che riparavano mobili antichi: la mancanza di cultura adeguata, di capacità tecniche e spesso anche di scrupoli hanno così potuto e possono causare guasti e sconci a mobili bisognosi di restauro.

Solo recentemente, molti hanno compreso che l’incompetenza e la furbizia non pagano e che ogni manomissione toglie valore all'oggetto anziché aumentarlo. Non mancano in Italia le scuole per la formazione di restauratori di mobili antichi, che impartiscono un’educazione corretta su metodologie e finalità di restauro. Di queste scuole vanno riconosciuti e apprezzati gli sforzi intesi a fornire un indirizzo scientifico a un settore nel quale fino ad ora si è operato con molto pressapochismo, anche se il diploma conseguito non è di per sé sufficiente a garantire capacità e competenza al moderno restauratore, il quale deve integrare l’apprendimento scolastico con un congruo tirocinio presso una buona bottega artigiana per acquisire una migliore conoscenza del legno e delle sue tecniche di lavorazioni manuali. Inoltre passione, intelligenza, serietà sono requisiti importanti quanto la preparazione teorica e l’esperienza pratica, per esercitare una professione che richiede gusto, delicatezza e pazienza.
Io ho avuto la fortuna di aver incontrato nel mio percorso un restauratore dei mobili, che mi ha passato delle ricette per poter mantenere più a lungo in ottimo stato il mobilio che abbiamo a casa. Quello che ora leggerete sono solo dei consigli che si possono prendere in considerazione se magari dobbiamo spolverare e lucidare con dei prodotti adeguati, i nostri mobili.
Come si prepara il tampone per lucidare i mobili?
Se hai deciso di lucidare un mobile con la gommalacca oppure se hai intenzione di passare della cera o delle tinte per colorare il legno ti servono degli strumenti appropriati. Se preferisci non usare un pennello evitando così di provocare antiestetici fenomeni di gocciolamento, ti conviene preparare un tampone di stoffa che ti agevolerà di molto il lavoro di restauro del tuo mobile. Il tampone si prepara avvolgendo una pezza di lana non colorata, detta anima, in una tela di lino.
Per realizzare il tampone ti serve:
• uno straccio di lana o dei fiocchi di lana ben cardati
• una tela di lino bianca
• del nastro adesivo
• uno spago

Ritaglia una quadrato di tela di lino bianco morbido a trama molto fitta, poi ripiega più volte lo straccio di lana e ponilo al centro della tela di lino. Afferra i quattro lembi della tela di lino tra le dita e avvolgili dando al tampone una forma tondeggiante in modo da poterlo inserire nel palmo della mano. Lega le estremità della tela con uno spago e avvolgile con del nastro adesivo in maniera tale da creare un’impugnatura. La grandezza del tampone dipende ovviamente dalla superficie di legno che devi lucidare: di solito per restaurare un mobile occorre preparare diversi tamponi di varie dimensioni così da poter raggiungere tutte le parti del mobile, anche quelle più difficili da raggiungere. Ad esempio i tamponi più piccoli servono per lucidare le parti intagliate, le fascette e i frontalini dei cassetti mentre quelli più grandi sono da utilizzare sui piani di tavoli e comò.
Per questa ricetta volevo ringraziare il mio prof. Nazario Tiscia, che in questi anni mi ha insegnato l’arte e l’amore per il restauro del mobile antico e d’antiquariato.


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