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RESTAURO EN PLEIN AIR

Aggiornamento: 21 dic 2018


Alessio Guardini


Avete mai visto dei restauratori all'opera? Forse conoscete l’amico di un amico che si occupa di dipinti, o avete avuto la fortuna di visitare una chiesa mentre stavano montando un ponteggio, ma sono sicuro che pochi di voi abbiano avuto la possibilità di seguire un restauro da vicino, anche per pochi minuti. Per fortuna, la tendenza del momento è di tirare fuori il luogo del restauro dallo scantinato ed esporlo sotto gli occhi di tutti.


Microscopio polarizzatore da mineralogia - corso di diagnostica per i beni culturali "1". Anno 2017/2018 quarto anno.
Restauro 2.0

Tracciando un ritratto del XXI secolo lo storico dell’arte e direttore del British Museum, Mark Jones disse che con il declino di confidenza nel presente l’urgenza di conservare il passato è diventata ancora più frenetica. Di fatto, il cambiamento repentino della produzione artistica negli ultimi due secoli ha creato un distacco tra essa e l’identità culturale: nessuno si riconosce più nell’arte che gli è contemporanea; ne consegue un interessamento potente, e originale, per le cose del passato.

Certo, nell'umanesimo ci si esaltava per la statuaria classica e nel 700 grazie a Carlo di Borbone, Winckelmann conduceva una serie di campagne archeologiche ad Ercolano, ma ciò che separa questi fenomeni dal nostro è che i primi sono guidati da un’attrazione per la cultura classica, il secondo da un profondo disorientamento estetico.

E’ evidente che questa sensazione abbia avuto un ruolo chiave nel determinare il modo in cui ci si è imposti di agire nei confronti dell’antico, dalla legislazione dei beni culturali a tutta una serie di regole non scritte che si imparano nelle Accademie. Il restauro come lo conosciamo oggi è figlio del 900, e nel sistema dell’arte si inserisce in una piccola bolla sospesa fra la domanda (collezionisti, musei, editoria) e l’offerta (artisti, galleristi, fiere d’arte); è perciò elitario per sua natura, non ha mai necessitato di essere popolare per funzionare ed effettivamente non lo è mai diventato. Questa attività sta ai musei come il trucco teatrale sta allo spettacolo: si svolge dietro le quinte, nondimeno i suoi risultati sono piuttosto evidenti. Tutto questo in un secolo dove andare al museo indicava generalmente un’attività passiva. Ma oggi non è più così. Oggi nei musei troviamo punti di ristoro, laboratori creativi e didattici, attività che non sono strettamente legate all'osservazione delle opere esposte, in generale una serie di stimoli progettati per sollecitare la curiosità dei visitatori.

E con la curiosità del pubblico cresce la voglia delle istituzioni di mostrarsi e mostrare, nascono gli account social dei musei, le collezioni e gli archivi vengono pubblicati online. Anche il luogo del restauro è coinvolto in questo circolo virtuoso. Iniziato con l'esposizione dei depositi nei musei di nuova generazione (ad esempio il du Quai Branly di Parigi nel 1995 e il Mudec di Milano nel 2014) e l'apertura a visite guidate nei depositi di musei storici (il recente esempio di Paestum in Campania); prosegue con la realizzazione di alcuni interventi di restauro in laboratori temporanei allestiti appositamente per permettere un contatto più stretto con i visitatori (l’ICR a Santa Marta, Roma, dal 2017) e nello stesso periodo la pinacoteca di Brera inaugura un laboratorio di vetro situato nelle sale espositive, dove ad ogni campagna di restauro un capolavoro della collezione permanente è oggetto di intervento sotto gli occhi dei visitatori.

Nell'estate 2019 il Rijksmuseum di Amsterdam affiancherà al restauro della Ronda di Notte di Rembrandt un livestreaming che renderà quell'intervento unico nel suo genere, permettendo la visione delle fasi a spettatori di tutto il mondo in tempo reale. Le dinamiche di questa scelta sono chiare, le conseguenze si possono immaginare. Prima di tutto questa apertura al pubblico, questo trend del restauro en plein air si sposa perfettamente con gli standard di trasparenza che i musei stanno adottando. Inoltre questo fenomeno può in parte affrontare il problema di come rendere i luoghi di cultura più appetibili alle nuove generazioni, abituate ad un linguaggio fatto di immagini. Infine il coinvolgimento delle persone nel cambiamento della propria cultura, scontato ma non sempre evidente, si fa più stretto: chissà che questa nuova attenzione non ispiri il nostro futuro artistico.




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