SCOPERTE INASPETTATE
- TRESHTAURO
- 18 dic 2018
- Tempo di lettura: 5 min
Aggiornamento: 21 dic 2018
Da restauratore a detective
Intiso Barbara

Nel corso della mia breve vita da studentessa di restauro, mi sono rassegnata al fatto che una piccolissima parte di persone sappia effettivamente chi sia un restauratore. C’è chi ti scambia per un pittore o per uno scultore. Ma anche per un muratore o addirittura uno di quelli che fanno découpage sui vecchi mobili della nonna.
Ma avete idea di quanto sia fighissimo fare il restauratore? Oltre al privilegio di toccare con le proprie mani opere che, al massimo, potresti vedere da un metro di distanza, c’è quella mistica aura di magia nello scoprire messaggi segreti nascosti tra le tavole di un dipinto, affreschi coperti dal nuovo intonaco che si pensava fossero andati perduti, particolari invisibili a causa della vernice ingiallita o chissà, scoprire che la tavola lignea che avete tra le mani potrebbe essere di Leonardo. Sono piccole cose quotidiane, per un restauratore, che danno in un certo qual senso, soddisfazione.
E che dire delle ricerche da condurre dopo queste “scoperte”?
E quando, tra queste, si inizia a parlare di mummie?
Questa che segue, è la storia di Liuquan.
UNA MEDITAZIONE MILLENARIA
Immaginate per un momento di essere nel vostro laboratorio di restauro, e vi viene portata una statua laccata del 1100 d.C raffigurante Buddha, acquistata da un ignaro collezionista d’arte.
Inizi con le solite ricerche analitiche sull'origine dell’opera, sulla tecnica artistica, sul supporto… e in questo momento il restauro si fa intrigante.
Nonostante la statua sia cava all'interno, al suo interno è racchiuso uno scheletro mummificato!
E’ quello che è successo verso la fine degli anni ’90 in Olanda. Dopo questa insolita scoperta è stato riunito un team di ricercatori (restauratori, esperti di buddismo e scienziati) al fine di indagare ulteriormente sulla statua.
Dopo un’esposizione di sette mesi al Drents Museum di Assen, ed eseguiti i vari accertamenti, gli esperti appurano che il corpo, eviscerato e riempito di pergamene con caratteri cinesi antichi, appartiene al maestro buddhista Liuquan, membro della scuola cinese di meditazione.
Il buon Liuquan, all'epoca, decise di sottoporsi al processo di auto-mummificazione per raggiungere lo stato di Buddha, procedimento non del tutto inconsueto tra i monaci di un certo rango.
Cos'è L’AUTOMUMMIFICAZIONE
Probabilmente vi starete chiedendo com'è possibile arrivare all’automummificazione? E soprattutto cosa spinge un monaco a farlo?
Innanzitutto vorrei specificare che non ha nulla a che fare con le mummie egiziane, quelle vengono mummificate post mortem .
Qui si sta parlando di un vero e proprio rituale religioso praticato a partire dal XI secolo dai monaci buddisti orientali, i quali si sottoponevano da vivi ad un’estenuante preparazione fisica e mentale, così da portare il proprio corpo alla morte. Questa pratica viene chiamata “sokushinbutsu” ed è suddivisa generalmente in tre fasi principali.
Nella prima, il Monaco si reca verso la “valle degli immortali” per iniziare un percorso di meditazione che durerà 1000 giorni, durante i quali si nutrirà unicamente di frutta secca e semi, in modo da eliminare la massa grassa dall'organismo.
Il secondo step, anch'esso di 1000 giorni, prevede una dieta ancora più ferrea composta da corteccia e radici, senza mai interrompere la meditazione. Durante questo periodo il Monaco inizia a bere un te a base di urushi, una pianta tossica che render il corpo morto, repellente per larve e insetti, così da impedirne la decomposizione. Inoltre il the velenoso provoca ,sudorazione e diuresi alla persona che lo ingerisce portandola a perdere liquidi corporei.
Nell'ultimo stadio, dopo quasi 6 anni di preparazione, il Monaco si rinchiuderà nella posizione del “loto” ( seduto con le gambe incrociate ) in una piccola cripta sigillata, accompagnato solo da una campanella che suonerà ogni giorno ed una canna di bambù che gli consentirà di respirare l’aria dall'esterno .
Nel momento in cui i suoi compagni monaci non sentiranno più la campanella andranno a togliere il bastoncino di bambù, lasciando il corpo dell’uomo per altri 1000 giorni nella cripta.
Se alla fine del processo di “sokushinbutsu” il corpo del Monaco si presenta mummificato, ovvero avrà raggiunto la condizione di Buddha, allora i suoi compagni lo porteranno nel tempio per venerarlo per sempre. Al contrario, se si presenta decomposto verrà risigillato e ammirato unicamente per il difficile percorso spirituale intrapreso.
Il nostro Liuquan sembrerebbe essere stato tra i primi, se non il primo, a portare a termine con successo l’automummificazione. È stato venerato per molti anni prima di essere racchiuso nella statua nel XIV secolo, come attesta la pergamena trovata al suo interno.

UN MISTERO DA SVELARE
Dopo aver appurato l’entità della scoperta, i ricercatori iniziarono ad indagare sull'opera e sul suo inquilino.
Come degli Sherlock Holmes dell’arte, portarono il Buddha a Meander Medical Center di Amersfoort; dove venne sottoposto a delle indagini diagnostiche come tomografia, endoscopia ed esame del DNA.
La fragilità della mummia rende impossibile la sua estrazione dalla statua, quindi tutte le osservazioni e le analisi sono state condotte esternamente, cercando di sfruttare la cavità sottostante data dalla posizione del Loto in cui è il Monaco.
La sonda endoscopica è stata fatta passare dalla base delle gambe incrociate, per poi farla risalire lungo il corpo in modo da prelevare dei campioni dalle cavità toraciche e addominali.
Il mistero si infittisce: gli organi sono stati sostituiti da dei pezzi di carta, probabilmente sacri, scritti in cinese antico e appallottolati.
I campioni prelevati dalle ossa per compiere l’esame del DNA, hanno confermato la tesi sull'appartenenza dello scheletro al Monaco orientale all'ora circa quarantenne.
Le supposizioni nate a seguito delle analisi sono la parte più interessante della storia. Probabilmente dopo anni di venerazione da parte di monaci e fedeli, la mummia di Liuquan ormai deperita dopo 200 anni, è stata racchiusa all'interno della statua al fine della sua stessa conservazione in modo da conferirle maggior sostegno al corpo, soprattutto per permettere la continua fruibilità ai Pellegrini (generosi donatori di ricchezze per il monastero).
Tutt'oggi vengono condotti studi sulla mummia di Liuquan, in quanto unico esemplare disponibile in occidente per indagare sull'affascinante tema del buddhismo orientale e sulle tecniche di conservazione delle mummie. La natura degli antichi testi sacri ritrovati all'interno della statua sono ancora sotto esame. Nel frattempo è uscita anche una monografia sul Monaco Liuquan.
La statua nel 2015 ha iniziato un lungo viaggio nei musei europei in vista di mostre temporanee a lei dedicate.

Questo è solo un eclatante esempio tra tanti di quanto sia interessante il nostro lavoro. Certo, non potremo mai paragonare i restauratori o i conservatori a Indiana Jones, ma sicuramente siamo d’accordo nel dire che non si sa mai cosa ci nascondono le opere d’arte.
Per elencare velocemente altri esempi di scoperte potremmo citare il dipinto futurista di Balla a Roma riscoperto dopo un secolo, La “tentazione di Sant'Antonio” recentemente attribuita a Bosch, oppure il volto di donna dipinto da Daubigny scoperto sotto un dipinto di Degas tramite radiografia, e che dire del recentissimo Leonardo ritrovato?
La prossima volta che passeggerete imbattendovi in una fiera dell’antiquariato, o che entrerete in uno di quei negozi nostalgia tanto amati da Woody Allen, provate ad entrare nei panni di noi restauratori.
Guardate i dipinti, prendeteli in mano, girateli, cercate un bollo o un’etichetta che ne attesti la provenienza, aguzzate l’occhio per vedere sotto la vernice ingiallita, magari scoprirete qualche particolare nascosto! Proseguite cercando magari una scatolina di legno decorata, una di quelle utilizzate per riporre i gioielli, provate ad aprirla, potreste trovare qualche biglietto scritto dalla defunta ex-proprietaria in un cassetto nascosto.
Ovviamente non ci capiterà ogni volta di trovare un Leonardo, un Balla o un altro Liuquan racchiuso in una statua di gesso, ma l’emozione che si prova ad osservare un’opera con la lente d’ingrandimento (la versione da restauratori si chiama “visore”), alla ricerca di qualche indizio utile a una qual si voglia attribuzione, è inappagabile.

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